LA FOLLIA
UN MOMENTO DI FOLLIA, L'ARTISTA
Bion sosteneva che “tutti gli esseri umani, anche i più normali, hanno dei nuclei psicotici, nonostante cerchino di nasconderli.
Ognuno ha delle zone di ombra e anche i cosiddetti folli hanno dei periodi di lucidità”.
I veri creativi integrano lucidità e follia, cioè riuscire ad avere la mente di un adulto e il cuore di un bambino.
Lo specchio avrebbe potuto essere anche per me un confronto, un aiuto per mettere a nudo la mia anima, oggetto dove ha suscitato il mio immaginario da sempre, un rituale piacevole, rassicurante, sognante, un amico che ti apre una porta magica verso altri mondi e dimensioni senza tradirti mai, anzi, mi ha sempre aiutato a cacciare quel pizzico di follia, quella follia da farmi riavere sempre la voglia di reinventarmi la vita anche quando è spietata e grigia.
LA DIGNITA' DI UN ARTISTA
Un artista degno di rispetto
"Voglio fare questa vita. Voglio vagare per la mia città ed essere libero, mi basta avere la possibilità di incontrare persone che credano in me e mi possano aiutare a mettere un piatto a tavola
Ogni artista intinge il pennello nella sua anima e dipinge la sua stessa natura nelle sue stesse immagini. Benché si legga inequivocabilmente, quel piccolo brivido di povertà che provo mentre l’artista ritrae il mio volto, vedo scolpita nei suoi occhi una figura immaginaria di un uomo libero e pulito dentro, nonostante stia nella miseria. Non ha lavoro, forse è anche un uomo solo, senza neanche una fissa dimora. Sento sulla sua pelle e sul suo foulard un profumo di lavanda che inebria i miei pensieri e nascosta fiera dietro gli occhialini, un’espressione di un uomo che tiene orgoglioso e vivo il senso di meraviglia nel mondo, un qualcosa che si porta dentro con le proprie paure ma senza barare, qualcosa che forse non ha mai perso o venduto... la sua dignità.
Tratto dal capitolo del libro di Mimmo Fontanella "URLO"

VIAGGIO NELLA SPACCANAPOLI
LA SPACCANAPOLI
Mi chiamano il fotografo dei vicoli di Napoli, amo la mia città, l’arte che la circonda, la gente. Ecco il perché ho scelto la mia Spaccanapoli, sottolineo la mia perché lavoro e la vivo dal mio più profondo del cuore.
Il nome di questo famoso tracciato cittadino, non è un’unica strada, bensì l’insieme di sette strade, può essere compreso se si osserva una foto scattata dall’alto della città: si nota immediatamente come tale tracciato ne divida il centro storico con precisione quasi geometrica.
Le foto possono essere realizzate da chiunque andando alla Certosa di San Martino o a Castel San’Elmo, entrambi sulla sommità della collina del Vomero, da dove si ammira un panorama mozzafiato della città.
Il realtà Spaccanapoli dal punto di vista toponomastico non esiste, si tratta piuttosto di un nome attribuito dai napoletani al suddetto tracciato, costituito da ben sette strade:
– Via Pasquale Scura (la parte più alta, nei Quartieri Spagnoli, fino all’incrocio con via Toledo)
– via Maddaloni
– Via Benedetto Croce (che attraversa Piazza del Gesù Nuovo fino a Piazzetta Nilo)
– Via San Biagio dei Librai (antico decumano, nel cuore del centro storico, fino a via Duomo)
– Via Vicaria Vecchia, Via Forcella, Via Giudecca Vecchia (nel cuore di Forcella)
Percorrere questi luoghi è stato come attraversare la storia di Napoli, incontrando lungo il suo tragitto le testimonianze del passato della città ed i suoi tesori artistici.
Napoli vista dal cuore è come se vivesse su un palcoscenico. Un luogo dove si supera tutto e si trova tutto: povertà e contemporaneamente tante ricchezze; dall'alto una vista del golfo, il Vesuvio, le vicine costiere, i castelli, è una città invasa dall'Arte e Artisti, Teatri e un numero infinito di Musei. Suggerisco di provare questa esperienza, perchè nel vasto intrigo dei vicoli del centro storico, la prima cosa a risaltare è proprio il lungo e scuro corridoio di Spaccanapoli, esso è anche costellato dai numerevoli campanili e dalle cupole delle chiese monumentali che sorgono sul suo percorso. Infatti la chiamano la città dalle 500 cupole.
Qui si mangia la sfogliatella, il babà, la pastiera, la mozzarella e soprattutto la pizza napoletana detta "pìzza cà pummàrol n’còpp" Insomma per me Napoli non è una città ma un mondo.
Ma sopratutto nulla c'è da preoccuparsi per il linguaggio, qua soccombe il linguaggio mimico quì usato come in nessun’altra parte d’Italia. Il suo significato è impenetrabile per ogni straniero. Gli gesti e sopratutto il cuore, sono mezzi espressivi di comunicazione, che vengono messi in relazione dalle dita.
Napoli secondo me è l'ultima speranza che ha l'umanità per sopravvivere. Infatti ognuno vive in una inebriata dimenticanza di sé.
Accade lo stesso anche per me. Mi riconosco appena e mi sembra di essere del tutto un altro uomo. Ieri pensavo: “O ero folle prima, o lo sono adesso”?
IL REPORTAGE NELLA SPACCANAPOLI, visita nel sito la galleria Social Photographer
LA MAGIA DEL CINEMA
LA MAGIA DEL CINEMA
Vivendo la fotografia e osservando i movimenti attraverso una macchina da presa, ti accorgi che manovrando la camera essa man mano si innamora di ciò che vedo, che sento, quasi come se volesse fare i conti con te stesso, una fusione visiva con tua stessa anima, nuda. E allora come un fiume in piena inizi a scrivere una favola senza fermarti mai, una storia che puoi poter raccontare e condividere, un libro indelebile trasformato in un Film da custodire per sempre.
Quando scatto una foto o giro un film, sento l’adrenalina salire, miraggi di suoni invisibili che ho nella mente che si intrecciano in una danza di movimenti e di gestualità. Una descrizione di scoperte sempre nuove, che poi contemporaneamente acquistando la ragione ti porterebbe anche a chiederti meravigliato a come si fa a provare emozioni così grandi in cose che nella realtà hanno una semplice quotidianità di vita vissuta.
Ecco perché ti viene la voglia di far parte in qualche modo di questo mondo che è il Cinema, quella grandezza evanescente, un desiderio frenetico, di star dentro a quel mondo meraviglioso. Un mondo fatto di luci, suoni, danze, linee, un mondo d’Arte che vuoi conoscere, scoprire, come se fossi un bambino immerso in una stanza piena di balocchi, che ubriacato dai tanti giochi non sa da dove iniziare. Li mescola, li intreccia e poi li separa, poi l’incrocia. Giochi trasformati in favole, un dipinto di forme composte che man mano prendono vita, uno spazio fatto di attori e pubblico che narrano in maniera diversa una comicità, un amore o una drammaticità, insomma una storia comune, quasi sempre inventata, ma che comunque racconta un percorso reale di vita di un essere umano.
MIMMO FONTANELLA